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La
STORIA del MOTOM
Negli anni subito dopo la fine della seconda guerra mondiale l'ingegner
Battista Falchetto, già progettista della Lancia, in collaborazione con gli industriali
De Angelis Frua ebbe l'idea di costruire un ciclomotore omogeneo, leggero robusto ed
economico (quasi una piccola motocicletta), di buone prestazioni, elevata affidabilità ma
che restasse nei limiti dei classici 50 cc. Dopo alcuni prototipi nacque il primo Motom
denominato Motomic presentato al salone di Ginevra del 1947 ed il cui nome ha
l'abbreviazione di Moto Atomica.
Il Motom
era costituito da un telaio stampato con forma ad X, composto da due semigusci abbinati;
il serbatoio a saponetta viene inserito fra i due elementi, poco dietro il canotto di
sterzo. La provata esperienza automobilistica di Falchetto lo ispira anche nella
progettazione del propulsore, dotato di ciclo a quattro tempi messo a punto con il
motorista Sola, anch'esso della Lancia.
Ma sono le
particolarità del motore Motom che caratterizzeranno tale veicolo per tutti i successivi
anni di produzione.
Si trattava di un motore a 4 tempi, monocilindrico, raffreddato ad aria di buona potenza e
consumi eccezionalmente bassi. Caratteristiche salienti del motore Motom sono state
l'affidabilità, i bassi consumi (75 Km con un litro di benzina) e le buone prestazioni
(velocità massi- ma in terza velocità superiore ai 50 Km orari, pendenza massima
superabile 22%). Il motore motom subì negli anni solo delle marginali modifiche (ad
esempio la lubrificazione delle valvole in testa) che furono sufficienti a migliorarne
sensibilmente le prestazioni, tanto che i modelli sportivi degli anni 60 superavano i 75
Km orari pur mantenendo i consumi eccezionalmente bassi.
Tutti ricordano
il motom per la caratteristica del manubrio che presentava concentrati tutti i comandi di
guida: la mano sinistra comandava cambio, frizione e freno anteriore; la mano destra
comandava freno posteriore e comando gas.
La messa in moto, nei primi modelli era un po' complessa in quanto richiedeva l'estrazione
di un pomello posto sul lato destro del carter. Nei modelli prodotti a partire da 1955 la
manovra di inserzione della messa in moto veniva ottenuta portando la manopola del cambio
oltre la terza.
La trasmissione
dei cambio dapprima a trasmissione a bacchetta venne sostituita da una a fili. Per quanto
riguarda la ciclistica nel corso degli anni essa subì delle innovazioni fondamentali in
quanto, pur rimanendo la struttura ad X del telaio, la sospensione anteriore a molla fu
progressivamente sostituita dalla forcella telescopica ed il retrotreno, dapprima rigido,
fu dotato di due ammortizzatori a molla.
Il serbatoio nei
primi modelli era inserito a saponetta nel monoscocca del telaio; successivamente, per
aumentarne l'autonomia fu adottato un serbatoio a sella. La sella è stata
sempre particolarmente comoda per le ampie dimensioni e per la buona molleggiatura.
Nei primi modelli, sul retrosella era presente un bauletto portaoggetti cilindrico,
sostituito nei modelli successivi da un capiente baulotto inserito tra telaio e parafango
posteriore.
Nei modelli
sportivi furono studiate delle soluzioni estetiche particolarmente accattivanti come il
cupolino coprifanale, la sella lunga, il manubrio stretto e ribassato. Ad esasperare
questa impronta sportiva furono introdotte le pedane fisse con freno posteriore nello
sport junior e nel 51; infine nel modello 60 S anche il cambio fu spostato sulle pedane.
Seppur il marchio
motom si identifichi con il ciclomotore di 48 cc, la Motom si cimenta anche nella
costruzione di motocicli di pregevole fattura; ci riferiamo al Delfino (150 e 160), al 100
Junior ed al potente 98. Soluzioni alternative, utilizzanti comunque il prestigioso motore
di 48 cc, furono anche la costruzione di un originale motocarro e di una motozappa con
abbinabile pompa di irrigazione.
Insomma, nel suo complesso il
Motom è stato un valido esempio di genialità Italiana del dopo-guerra. |
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